Il design “For Better Days”: intervista a Matteo Ragni
Per chiarire a tutti la forma di design che professa, Matteo Ragni ha pensato di imprimerla nello slogan “We Design for better days” che sintetizza tutta la carica di energia creativa ed ottimismo per un futuro migliore che lo anima.
C’è un mondo che va osservato, non ignorato con la scusa di fare del design. E’ dalla relazione che instaura col mondo, con le persone e con le aziende che il designer trae grande ispirazione e trova il senso di un pensiero etico che lo accompagna in ogni scelta progettuale. Il disegno è già lì, nelle teste dei designer sempre piene d’idee che possono funzionare solo se si connettono in una relazione profonda e fattiva con l’ambiente circostante.
Recentemente Matteo Ragni ci ha dimostrato che un tombino (parliamo del modello “Sfera” dell’azienda Montini) può essere interpretato in modo espressivo e ironico e che per questa intuizione si può vincere un Compasso d’Oro (il secondo della sua carriera).
Che il suo sguardo non sia fermo al presente, lo si capisce anche dal suo progetto TobeUs (marchio di macchinine in legno prodotte artigianalmente) un manifesto sul valore dell’uso consapevole degli oggetti e sull’idea che i giochi sono importanti, talmente importanti che è meglio che contengano idee, valori, speranze utili a immaginare un avvenire in cui il consumo diventi pensiero e scelta.
Nel suo studio di Milano Matteo Ragni ci ha parlato della maniglia che ha disegnato per Colombo Design, una delle novità che entreranno a far parte della collezione.
L’inizio della collaborazione con il designer risale al Fuorisalone 2014, quando Colombo Design ha partecipato al progetto “Woo&More” dell’azienda emiliana Alpi, un invito a guardare i materiali con una prospettiva più ampia aprendosi a nuove sperimentazioni come per esempio l’unione di elementi differenti.
La maniglia in questione si chiama Spider ed è realizzata in legno ed in ottone, due materiali che combinati ad una buona dose di design hanno originato un prodotto dalla doppia anima: le linee rigorose del fronte diventano morbide sul retro, dove la mano abbraccia la maniglia. Una proporzione classica, alla ricerca di un progetto impeccabile in cui l’innovazione tipologica insegue l’abbinamento perfetto con il materiale delle porte.
Da cosa sei partito per la progettazione della maniglia Spider?
Una maniglia a mio avviso deve essere una compagna discreta della nostra vita, deve fare il suo dovere senza “urlare” e rischiare a lungo andare di stancare. In questo caso ho cercato però anche ’inaspettato: un disegno frontale rigoroso, rassicurante e visivamente neutro nasconde una piccola sorpresa. una volta impugnata la maniglia, la mano trova appoggio su un corpo raccordato che rende piacevolmente comoda la presa.
In un’intervista hai detto di aver usato la forma “quadroide” non solo per la nostra maniglia, ma anche per la realizzazione di altri prodotti: ce ne parli di uno in particolare?
L’iperellisse, che io chiamo in modo inappropriato “quadroide”, è una piccola ossessione che mi porto dietro da anni; non un cerchio, non un quadrato, nessuna linea retta. Un progetto emblematico è quello dell’orologio da polso Vigorelli che ho progettato per Lorenz. la cassa è “quadroide”, mentre il quadrante interno è una circonferenza; il raccordo tra le due sagome crea una parabolica che ricorda la pista del famoso velodromo milanese.
Hai descritto l’utilizzo del legno Alpi per la realizzazione della maniglia Spider come un modo per enfatizzare l’idea di design totale: cosa intendi?
Da sempre cerco di creare dei piccoli cortocircuiti nel fare design; mi piace ad esempio l’idea che un materiale caldo e naturale come il legno possa “impossessarsi” di altre superfici come quella di una maniglia che solitamente ha una finitura “fredda”.
Quest’anno ho sperimentato anche un’applicazione inedita, impiallacciando il vetro a specchio in una serie di arredi per Tonelli, ottenendo degli effetti percettivi e tattili molto interessanti.
Due mesi fa ti è stato assegnato il secondo Compasso d’Oro della tua carriera per l’ideazione di un tombino: quale ritieni sia l’elemento dell’arredo urbano sul quale le città dovrebbero investire maggiormente?
In primis le panchine nei centri urbani che solitamente sono dislocate in posizioni non progettate secondo il comune buon senso (vedasi panchine in mezzo a piazze enormi sotto il sole cocente e ben lontane da alberi). Credo ci sia molto spazio per la progettazione di nuove tipologie che favoriscano l’interazione tra le persone e che aumentino il comfort e la fruibilità in diverse ore del giorno e stagioni.
L’arredo urbano è il biglietto da visita di una città; in questa prospettiva, qual è la città che ti ha colpito maggiormente?
Personalmente adoro i tombini stradali di New York, per le loro texture e soprattutto per le loro dimensioni, oltre che a quel famoso effetto ciminiera che mi fa sempre pensare che sotto terra ci sia un’altra città segreta.
Descrivi il tuo stile come lo descriveresti ad un tuo amico.
Non è questione di stie ma di buon senso.
Esiste un oggetto che non potrà mai diventare di design?
Tutti gli oggetti sono di design, la differenza è solo che alcuni sono di buon design, altri di cattivo design.
Qual è il primo e l’ultimo oggetto di design in cui ti sei imbattuto ieri?
Il primo il mio Iphone per spegnere la sveglia, l’ultimo il mio Iphone quando lo spengo prima di dormire.
Cosa conosci ora che avresti voluto conoscere quando avevi 21 anni?
Me quarantenne.
Ci descrivi il tuo prossimo progetto?
Un casolare in mezzo ai colli pesaresi dove vivere e lavorare con la mia famiglia, i ragazzi del mio studio e giovani talenti che condividono la passione per il buon progetto (un futuro molto prossimo che ho cominciato a vivere da un paio di giorni).
E nel futuro delle maniglie cosa vedi?
Vedo maniglie, sicuramente senza serratura tradizionale (finalmente basta mazzi di chiavi in tasca!), magari con meno fisicità, ma sicuramente con grande carica di significato.