Il design dei fratelli Toso: intervista a Pio e Tito
Come immaginate le maniglie del futuro? A cosa è paragonabile il legame tra maniglia? Domande elementari per chi ha disegnato due tra le più apprezzate maniglie della collezione Colombo Design: Dea (2010) e Bold (2008).
Quest’ultima è stata scelta per la decima tappa de “Il giro del mondo in 12 maniglie”, un’iniziativa dell’autorevole webzine Designboom che ha voluto sovvertire il concetto classico di maniglia, elevandola a strumento per raggiungere nuove realtà in surrealistici viaggi; in questo specifico caso, la realtà è quella di Valencia dove le forme essenziali e bombate della maniglia Bold sono state fotografate nello scenario della vivacissima città spagnola, tra tradizione e futuro.
Partiamo dall’articolo di Designboom con le foto della vostra maniglia Bold a Valencia; quale altra città secondo voi le si addice e perché?
Venezia, per i riflessi il cielo e l’acqua che le superfici di Bold possono rispecchiare ed amplificare.
New York per le sue architetture verticali che si riflettono sulla superficie leggermente bombata di Bold a creare interessanti effetti di riflessione.
Uno sguardo alle tendenze: come vi immaginate le maniglie nei prossimi anni?
Ci immaginiamo maniglie in sintonia con i tempi, che si interroghino sul proprio compito specifico, secondo linee di ricerca più etiche e meno estetiche.
Ci aspettiamo una maggiore attenzione agli effetti e alle relazioni che una maniglia riesce ad innescare con chi la utilizza.
Quando si parla di maniglie, quale è secondo voi il primo elemento da tenere in considerazione nella loro progettazione? L’estetica, l’ergonomia o il materiale?
Ergonomia ed estetica.
A cosa paragonereste il legame tra maniglia e porta?
C’è un legame molto forte, talmente forte che un oggetto esiste solo in relazione all’altro un po’ come può essere la cornice per il quadro.
C’è un materiale con il quale vi piace particolarmente lavorare?
Più che un materiale col quale ci piace particolarmente lavorare, esiste un modo di lavorare che ci piace particolarmente, cioè ci interessa concentrarci sul senso del progetto.
Qual è stato l’oggetto di design che con il quale siete in contatto maggiormente nelle vostre giornate?
Sicuramente la matita.
Qual è il vostro progetto che meglio vi rappresenta?
Flag, il nuovo appendiabiti modulare disegnato per Pedrali. Perfetto equilibrio di bellezza, sintesi e funzionalità.
Quali sono i pro e contro di lavorare in Italia come designer?
I pro sono la cultura, il saper fare Italiani e gli imprenditori illuminati di questo paese. I contro sono la mancanza di politiche nazionali che promuovano i designer Italiani (per esempio la VIA in Francia).
Se un designer appena uscito dall’università vi chiedesse un consiglio, cosa rispondereste?
Gli diremmo che ha la possibilità di fare un bellissimo lavoro e che offre moltissime possibilità. Non è un lavoro da prime donne, da copertina, modaiolo, è un lavoro che mette le sue premesse e radici nell’ascolto umile e nella ricerca continua.
Qual è la vostra idea di design?
Cerchiamo di progettare oggetti che possano durare a lungo, che svolgano al meglio e con immediatezza la loro funzione.
La forma viene in un secondo tempo, ci interessano di più gli effetti, le relazioni che un oggetto riesce ad innescare con chi lo utilizza, in che modo e a quale livello queste relazioni si accendono. Ci interessa questa potenzialità degli oggetti, cerchiamo di esprimerla nel modo più immediato e semplice possibile cercando la strada che permette di trasmettere il massimo contenuto empatico col minimo formale, tramite una ricerca di sintesi, di riduzione degli elementi e di semplicità. Una semplicità non banale, non sterile, ma carica di forza evocativa.